
Suor Maria Teresa Pernice, l’apostola della gioia
Il 27 aprile scorso, presso la parrocchia di Santa Maria la Bruna di Torre del Greco, si è svolta la prima sessione pubblica del Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano per il processo sulla vita, le virtù e la fama di santità.
di Antonio Di Nardo*
Il 27 Aprile 2022, nel pomeriggio alle 18,30, nella parrocchia di Santa Maria la Bruna di Torre del Greco, si è svolta la prima sessione pubblica del Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano, per le Cause dei Santi per il processo sulla vita le virtù e la fama di santità di Suor Teresa Pernice. Alla presenza del popolo di Dio, della rev. da Madre Generale delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Suor Maria Rosa Muscarella, al Consiglio Generalizio. Sono convenute le autorità civili, il Sindaco di Torre del Greco: Dott. Giovanni Palomba. Insieme alla comunità vi era presente la famiglia di origine di Suor Teresa: l’unica sorella vivente Lucia e i nipoti. L’Arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia ha dato inizio al suo primo processo diocesano dal suo insediamento nell’Arcidiocesi. In un clima di intensa preghiera si è intro[1]dotta la liturgia della parola e subito è stata presentata la figura di suor Maria Teresa. Pernice Anna Gelsomina, di Giuseppe e Balzano Teresa, nacque a Torre del Greco il 25 novembre 1939. Dal matrimonio dei genitori celebrato il 30 maggio 1924, nascono 10 figli, solo 5 resteranno in vita. Anna è l’ottava figlia di questo matrimonio. Nello stesso mese fu battezzata il 29 novembre 1939 nella Parrocchia Santa Maria La Bruna, in Torre del Greco (NA),dal Parroco don Nicola Garofalo. L’infanzia e la fanciullezza trascorsero nella serenità familiare. Una famiglia semplice, modesta ma dignitosa. Il Padre commerciante di frutta e la madre lavorava nei campi con le figlie. Un clima sereno di famiglia dove i genitori non facevano mancare il pane quotidiano ai figli, l’educazione umana e cristiana. Anna ricevette l’impronta di una forte educazione cristiana dalla mamma Teresa e dalla vicina parrocchia di Santa Maria la Bruna. Dove Anna si recava per la catechesi e per crescere nella spiritualità dell’Azione Cattolica. Si forgiò ad un carattere affettuoso, privo di asperità di grande equilibrio. Frequentava insieme alla sorella Lucia più piccola di 4 anni, la scuola elementare Giovanni Conte, in via Santa Maria la Bruna, dove conseguì il diploma di V elementare. All’età di sette anni il 23 giugno 1946 ricevette la prima comunione, come di consuetudine nello stesso giorno ricevette il sacramento della Confermazione, nella parrocchia Santa Maria La Bruna, il cui parroco era ancora don Nicola Garofalo che l’aveva battezzata. La sua vita di adolescente si svolge tra la vita in famiglia, scuola, parrocchia, relazioni con le sue amiche. La mamma Teresa le fa iniziare un percorso di lavoro come sarta presso una brava maestra. Anna poi preferirà andare alla scuola di ricamo dalle Suore Stimmatine che gestivano l’orfanatrofio femminile del Santuario della Madonna del Buon Consiglio, in contrada Leopardi Torre del Greco. In questo santuario incontra il fondatore dell’opera il Servo di Dio don Raffaele Scauda. In questo santuario ella apprende l’arte dell’ascolto delle fragilità del suo tempo, l’accoglienza delle orfane, dei poveri, delle periferie esistenziali. Anna inizia un percorso di intensa preghiera e discernimento con il suo direttore spirituale, don Antonio Profumo, che prestava il suo servizio come vice parroco della parrocchia di Santa Maria la Bruna. Nell’anno 1955 Anna Gelsomina chiede alla mamma Teresa una piccola statua della Madonna e inizia a maturare la sua vocazione alla vita religiosa. In questo anno fa conoscenza delle suore che lavorano all’Ospedale Maresca di Torre del Greco, della congregazione delle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Anna si sente attratta dal carisma di questa famiglia religiosa. Sente nascere nel suo cuore forte il desiderio di amare gli ammalati e i poveri. Il 20 settembre 1956 entra nell’Istituto delle suore della Carità all’età di 17 anni. Presso la Casa madre: “Regina Coeli” di Napoli. Inizia il noviziato il 25 marzo 1957, solennità dell’Annunciazione del Signore. Prese l’abito da suora il 25 marzo 1958. Anna Gelsomina prende il nome di Suor Maria Teresa. Nel 1958 frequenta la scuola per infermieri, presso il Convitto dell’ospedale Santo Spirito in Roma, dove conseguirà il diploma. Nel giorno di Natale del 1958 incontra in ospedale San Giovanni XXIII. Sempre nell’anno 1958, nei mesi di luglio e agosto fu inviata nella comunità di Tropea in Calabria. Qui viene assegnata al reparto di infermeria, dove erano ricoverati 160 bambini affetti da tubercolosi. Preparandoli a ricevere Gesù Eucarestia, ed alcuni di loro preparandoli a incontrare sorella morte. In soli due mesi si distinse in modo eroico per il suo amore al prossimo e nell’accoglienza delle fragilità e delle persone bisognose. Nel 1960 viene trasferita presso l’ospedale Policlinico Vecchio di Napoli. In questa nuova destinazione, e nella nuova comunità esercita l’esercizio delle virtù. Tra le consorelle è di esempio per la sua umiltà. Amava in modo straordinario i sacerdoti, offriva per loro preghiere di riparazione e umili servizi, per gli ammalati e i poveri aveva un grande amore fino a non risparmiarsi. A Napoli esercitò un vero apostolato presso i malati. Tutti la cercavano, in particolar modo i poveri. Tutti si auguravano di averla per lunghi anni nella comunità, ma il progetto di Dio era diverso. Un gravissimo male, linfogranuloma, leucemia si manifestò apertamente nello stadio acuto al principio dell’anno 1965. Cure, preghiere, sacrifici di un anno non valsero a strapparla dalla morte. Dopo il Natale del 1965 Suor Maria Teresa, consapevole del suo stato, che viveva serenamente con gioia, ma soprattutto con il sorriso che aveva sempre contraddistinto la sua vita. Su richiesta di Mons. Aurelio Signora, prelato di Pompei ebbe la grazia di fare la Professione Perpetua nella sua camera, ammalata alla presenza del vescovo diocesano, della superiora provinciale delle consorelle, della mamma, sacerdoti seminaristi parenti, e tanti ammalati e poveri. Il 1 di febbraio 1966 pronunziò la formula dei santi voti. Don Mimmo, nella sua omelia ha avvicinato la figura di Suor Teresa al Buon Samaritano, che si fa prossimo di ogni uomo in ogni tempo. Infatti la spiritualità di questa figlia di questa terra e figlia di Santa Giovanna Antida Thouret si può sintetizzare: nell’apostolato del sorriso e della dolcezza. Suor Teresa vissuta 27 anni, tra cui 17 vissuti in questa contrada e 10 nella vita religiosa ha compendiato il cammino di santità, con il solo desiderio di corrispondere fedelmente alla grazia della vocazione. Quello che colpiva di Suor Teresa era il suo sorriso, la dolcezza, l’amabilità e la docilità. Questo sorriso che proveniva dal suo spirito dava un senso profondo di accoglienza e di ascolto. Ella non lo aveva imparato nella comunità religiosa ma nella sua famiglia e tra le sue compagne d’infanzia a cui diceva spesso: “Non meravigliatevi perché il Signore si vive nella Gioia”. E, ancor nell’Apostolato tra le suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret. Dio Solo il carisma della fondatrice. Sicuramente suor Teresa avrà letto una frase scritta dalla Fondatrice in una lettera del 23 febbraio 1813: “Quando Dio chiama e lo si ascolta, egli da tutto quello che necessita”. Nell’esercizio delle virtù nella vita conventuale quotidiana fece sua questa frase come programma di vita. Inizia l’Apostolato al servizio dei poveri, dei deboli, dei fragili, degli ammalati. “Dio Solo” la porta a conoscere la sua fragilità interiore cosi da trasformarla in accoglienza e luce per gli altri. La fragilità come luce per suor Teresa diventa ponte che fa uscire l’uomo che incontra, dalla solitudine, dall’isolamento dall’ egoismo. Infin, nell’Apostolato di comunione. Suor Teresa è stata una donna che ha vissuto l’amore. Ella è stata una donna che ha scoperto l’Empatia. Ha avuto il coraggio di immedesimarsi nell’apostolato nel mondo interiore delle periferie esistenziali, delle persone anche quelle non simpatiche, ma facendo del Vangelo la parola migliore, la parola che diventa vita cioè la presenza accanto all’altro. La fragilità come luce interiore che ha fatto scoprire a suor Teresa i lati profondi e luminosi di se stessa per andare incontro agli altri. Quindi davanti al tabernacolo parlava apertamente con Gesù, e come degna figlia della sua Fondatrice per lei “servire i poveri i fragili”. equivaleva incontrare e servire Cristo. Con la sua dolcezza e la sua amabilità, soprattutto con l’amore profondo per i bisognosi in particolare per gli ammalati, incontrò materialmente il Signore Gesù. Visse ancora alcuni giorni sempre più accesa dal desiderio di andare in Paradiso. Alla mamma che rimase al suo capezzale diede queste parole di conforto: “Mamma, vedi come sono felice di morire? Sono felice non perché non soffrirò più, ma perché andrò alla festa del Paradiso”. Presto venne il giorno da lei desiderato: il 4 febbraio 1966, primo venerdì del mese, fu per lei il “Dies natalis” alla vera vita. Auspichiamo che questa inchiesta iniziata nel nome del Signore e per intercessione di Santa Maria la Bruna porti i suoi frutti facendo risaltare in suor Maria Teresa Pernice le virtù eroiche, e così sperare nella sua Beatificazione e Canonizzazione.
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